Direttiva Macchine: istruzioni originali e traduzioni

La Direttiva Macchine ha ormai una lunga storia e tutti i produttori di macchine hanno ben compreso l’importanza di fornire, al momento della consegna di un proprio prodotto, manuali di montaggio, uso e manutenzione conformi alla normativa, redatti in maniera completa ed utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile.

traduzione manuali direttiva macchine

Le istruzioni, si è capito, non rappresentano un elemento accessorio del prodotto, ma ne rappresentano una componente necessaria ed essenziale, talché l’assenza, l’incompletezza o la cattiva qualità della documentazione tecnica configurano un difetto del prodotto, con tutte le conseguenze e le responsabilità del caso.

Risulta invece meno chiara la responsabilità del produttore in ordine alle traduzioni. Frequentemente infatti le traduzioni dei manuali di istruzioni vengono curate dall’agente commerciale che ha realizzato la vendita, o dall’importatore, o dal mandatario a qualunque titolo del produttore. A volte è lo stesso cliente, al momento dell’acquisto, a farsi carico della traduzione delle istruzioni nella lingua degli utilizzatori.

La domanda che occorre porsi è quindi: chi sarà responsabile delle conseguenze di una traduzione incompleta, inesatta o non chiara delle istruzioni che il produttore ha provveduto a redigere?

La risposta non può essere tratta dalla sola lettura della stessa Direttiva Macchine, in quanto è in parte collegata alle normative applicabili nel Paese di destinazione del macchinario, ma è possibile tuttavia fornire un’indicazione di carattere generale alla quale conviene attenersi: la responsabilità delle traduzioni dei manuali tecnici ricade sul produttore.

E’ il produttore, al momento della spedizione del macchinario, che ha il dovere di accertarsi della sua conformità alla normativa, ivi inclusa la disponibilità delle traduzioni, ove necessaria.

Fornire un prodotto che, al momento della spedizione dal magazzino, è “non conforme”, ed affidarsi a terzi perché questa non conformità venga sanata è senza dubbio una pratica rischiosa.

Ovviamente senza considerare l’obiettivo di mantenere il pieno controllo di una variabile tanto delicata ed importante qual’è quella della documentazione tecnica, sia al fine di garantire la piena efficienza e funzionalità del proprio prodotto sia sotto il profilo dell’immagine aziendale.

Al riguardo si riporta il parere della Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica Varia ed Affine (ANIMA).

Istruzioni originali e traduzioni

E’ importante premettere alla trattazione di questo argomento che le norme che disciplinano il contenuto delle responsabilità non devono essere ricercate nelle direttive di prodotto, qual è la direttiva macchine, ma piuttosto nell’ordinamento giuridico del paese in cui la direttiva trova applicazione.

Sono le norme di ogni singolo stato che determinano se un fatto sia o no fonte di responsabilità per un soggetto e di quale responsabilità.

Purtroppo il testo delle direttive comunitarie, soprattutto recenti e di revisione di testi già pubblicati, tende a trascurare questa considerazione e introduce termini che confondono le prerogative del diritto di fonte comunitaria con quelle di fonte nazionale. Lo scopo è probabilmente quello di proporre dei tentativi che hanno lo scopo di eliminare alcuni equivoci, ma il risultato purtroppo non viene mai raggiunto.

Un esempio di questo tipo di approccio è contenuto nella parte della nuova direttiva macchine dedicata alle istruzioni. Il legislatore comunitario ha sicuramente ricevuto segnalazioni relative alle difficoltà incontrate per offrire all’utilizzatore le istruzioni nella lingua allo stesso comprensibile, e ha tentato di dare una risposta a questo problema attraverso il nuovo testo della direttiva macchine, introducendo i termini di “istruzioni originali” e “traduzioni” delle stesse. Queste nuovi termini non hanno tuttavia chiarito, e nemmeno era possibile nell’ambito della direttiva, quale sia la responsabilità del fabbricante in relazione alle istruzioni stesse, ma, al contrario, i fabbricanti si chiedono già ora quale sia la differenza tra le “istruzioni originali” e le “traduzioni”.

Per offrire una risposta a questa domanda, è utile ricordare che le istruzioni per l’uso redatte in modo equivoco, non comprensibile per il soggetto a cui sono destinate, sono equiparate ad un difetto del prodotto ed il fabbricante è chiamato a rispondere dei danni derivanti per persone o cose causati dalla carenza di informazioni.
Questo principio, tratto dalla direttiva relativa al prodotto difettoso, è quello che risponde alla domanda, di portata generale, relativa alla lingua in cui devono essere redatte le istruzioni di uso dei prodotti. Se le istruzioni di uso sono redatte in una lingua non comprensibile per l’utilizzatore, evidentemente non sono per lo stesso comprensibili e quindi il fabbricante sarà chiamato a risarcire i danni causati a terzi dal prodotto che sia stato accompagnato da istruzioni non comprensibili per l’utilizzatore. Quindi la risposta alla domanda relativa alla lingua in cui è necessario redigere le istruzioni d’uso esisteva già, senza alcuna necessità di inventare “originale” e “traduzione”.

Detto ciò, l’artificiale distinzione che la direttiva macchine stabilisce tra istruzioni “originali” e “traduzioni” delle stesse, da punto di vista dell’attribuzione delle responsabilità dei danni causati da una eventuale erronea o carente redazione, ha poca importanza.
Il produttore è responsabile di ogni tipo di documento che accompagna il prodotto dallo stesso immesso sul mercato. Non ha rilevanza legale, dal punto di vista dell’attribuzione delle responsabilità, di diritto, la differenza tra “originale” e “traduzione”.
È anche difficile determinare una differenza di fatto. Si può pensare, per esempio, ad una società multinazionale, insediata nella UE, con una pluralità di sedi legali e produttive su tutto il territorio UE; quale sarà la documentazione “originale” dei suoi prodotti? E pure supponendo che si trovi quale sia, quale differente responsabilità può avere il fabbricante rispetto alla “traduzione” che lo stesso ha provveduto a redigere e ha diffuso con il proprio marchio? Nessuna.

Solo al fine di applicare la disposizione della nuova direttiva macchine (all.I, 1.7.4), che impone di distinguere la versione “originale” rispetto alla “traduzione”, il fabbricante dovrà decidere quale sia la redazione originale e quale sia la traduzione delle istruzioni, senza che per questo abbia una differente responsabilità per l’una o per l’altra.

In sostanza, la sola ipotesi in cui il fabbricante può parzialmente sgravarsi dalle conseguenze di una traduzione fallace è solo quella in cui abbia affidato a terzi, ad un servizio esterno alla propria organizzazione, la traduzione. In questo caso il fabbricante potrà contrattualmente precisare con il servizio di traduzione che le conseguenze civili derivanti da danni prodotti a causa dell’erronea traduzione saranno a carico del traduttore. Le conseguenze penali non sono invece trasferibili a terzi.

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